Tuesday, February 3, 2009

Il Giorno Prima della Felicità


Me l'ha regalato Diana per il mio compleanno.
Non avevo mai letto nulla di De Luca.. lo sto trovando bellissimo.

Bello.. un autore che non conoscevo e che ho trovato molto toccante.
Alterna frasi di pura poesia a discorsi in dialetto napoletano.

è mezz'ora che sto provando a riassumerlo.. ma mi sembra di "impoverirlo"..
copiaincollo la recensione di IBS..
Don Gaetano è uomo tuttofare in un grande caseggiato della Napoli popolosa e selvaggia degli anni cinquanta: elettricista, muratore, portiere dei quotidiani inferni del vivere. Da lui impara il giovane chiamato "Smilzo", un orfano formicolante di passioni silenziose. Don Gaetano sa leggere nel pensiero della gente e lo Smilzo lo sa, sa che nel buio o nel fuoco dei suoi sentimenti ci sono idee ed emozioni che arrivano nette alla mente del suo maestro e compagno. Scimmia dalle zampe magre, ha imparato a sfidare i compagni, le altezze dei muri, le grondaie, le finestre - a una finestra in particolare ha continuato a guardare, quella in cui, donna-bambina, è apparso un giorno il fantasma femminile. Un fantasma che torna più tardi a sfidare la memoria dei sensi, a postulare un amore impossibile. Lo Smilzo cresce attraverso i racconti di don Gaetano, cresce nella memoria di una Napoli (offesa dalla guerra e dall'occupazione) che si ribella - con una straordinaria capacità di riscatto - alla sua stessa indolenza morale. Lo Smilzo impara che l'esistenza è rito, carne, sfida, sangue. È così che l'uomo maturo e l'uomo giovane si dividono in silenzio il desiderio sessuale di una vedova, è così che l'uomo passa al giovane la lama che lo dovrà difendere un giorno dall'onore offeso, è così che la prova del sangue apre la strada a una nuova migranza che durerà il tempo necessario a essere uomo.


Don Gaetano indovina i pensieri della gente, senza volerlo. Evidentemente le persone hanno la testa troppo piena e qualche pensiero inevitabilmente sfugge, ma lui di solito non reagisce, sorride e tira avanti. La sua dote l’ha scoperta da ragazzo quando, uscito dall’orfanotrofio, si è imbarcato per l’Argentina e ha vagato per mesi nel deserto. Ma adesso che è vecchio e passa la giornata nella guardiola del palazzo in cui fa il portiere, la magia del fuoco, la passione e il furore della sua giovinezza sono solo ricordi. Don Gaetano insegue i pensieri, le perle di una saggezza antica e popolare che la sera, dopo aver mangiato un piatto di pasta e patate insieme a un bambino smilzo, vogliono uscire. Orfano anche lui, cresciuto in guardiola, lo Smilzo lo guarda con due occhi affamati di vita. Vuole sentire le storie della guerra, così come la mattina a scuola vuole imparare ogni singola parola che esce dalla bocca del maestro, vuole insomma prendere a piene mani la saggezza che Napoli, i suoi vicoli, il porto e i palazzi hanno da offrirgli.
Don Gaetano continua a ripetergli “t’aggia’mpara’ e t’aggia perdere”, devo insegnarti tutto e poi devo perderti, ed in fondo è questo il fulcro del romanzo: è la storia di un ragazzo che si nutre della saggezza della sua terra fino a diventare finalmente grande.
In queste pagine c’è tutta la poesia di una città “monarchica e anarchica” come Napoli, una città che vuole obbedire a un signore ma non vuole essere governata. C’è la guerra, l’amore, la morte. Il 1943 e le navi americane ormeggiate nel porto; la gente che si rivolta contro i tedeschi, lanciando vasi di fiori dalle finestre sui cingolati, costruendo bombe fatte in casa e rubando gli arsenali del nemico. C’è l’abbondanza del contrabbando, dopo la guerra, e la merce che passa attraverso le fognature per arrivare fino alle case più povere della città vecchia. Mentre Don Gaetano racconta, lo Smilzo impara a sentirsi parte di una moltitudine di persone. Vede gli uomini con una stella gialla staccata dalla giacca nascosti nei rifugi scavati nel tufo, conosce i loro libri e la loro dignità. Vede l’amore riflesso nei vetri chiusi delle finestre, lo vede crescere, perdersi e poi tornare più adulto e più folle. Scopre gli abbracci di Anna, una donna durissima e fragile, come tutte le donne di Erri De Luca.
Lo Smilzo deve imparare e poi deve andare via, lontano, oltreoceano. Deve conoscere il segreto del fuoco, quello che gli fa indovinare la mano di carte del suo avversario, quello che fa alzare il cappello alla gente del vicolo quando lo incrociano per strada. Prima di andare via deve assaporare il gusto che si prova il giorno prima della felicità, quel giorno in cui tutto, improvvisamente, cambia.
Un libro ricchissimo, capace di rapirci, capace di parlare di identità e sentimenti utilizzando le immagini e le parole degli uomini semplici. Un romanzo che è un tributo alla generosità civile di una città come Napoli e del suo popolo.


-Frasette-
Stupido a guardare se lei guardava. Bisogna crederci senza controllare, come si fa con gli angeli custodi.

A scuola c'erano i poveri e gli altri. (..) Un'altra differenza era che quelli della povertà in primavera avevano la testa rasata per i pidocchi, gli altri conservavano i capelli.

Non fu neanche un pensiero scartato. Non venne.

"Don Raimondo, non mi posso sdebitare con voi, che mi fate leggere senza pagare."
"E' cosa di niente, tu me li riporti spolverati. Quando sarai uomo verrai a comperarli da me."

"Intanto non la chiamare gente. Sono persone, una per una. Se la chiami gente non fai caso alle persone."

pag. 25 (bellissima)
Ci si saluta, ci si conosce, tra quelli che campano di notte. Le persone si perdonano i vizi.
La luce del giorno accusa, lo scuro della notte dà l'assoluzione.
Escono i trasformati, uomini vestiti da donna, perchè così gli dice la natura e nessuno li scoccia. Nessuno chiede conto di notte. Escono gli storpi, i ciechi, gli zoppi, che di giorno vengono respinti.
E' una tasca rivoltata, la notte nella città.
Escono pure i cani, quelli senza casa. Aspettano la notte per cercare gli avanzi, quanti cani riescono a campare senza nessuno.
Di notte la città è un paese civile.

Fuori c'era il settembre del '43 e la sotto c'era un mese del calendario ebraico del 5704.

Gli uomini hanno bisogno di momenti speciali per mostrare il loro valore. Le donne sono più valorose nella normalità, se quella del '43 si poteva chiamare normalità.

Ancora non era arrivato per me il giorno prima della felicità. Non volevo che all'improvviso capitava e non me ne accorgevo il giorno prima.

"Presidente io? Non so dire due parole in fila."
"Tu, perchè no? Tu sai stare a sentire. Questa è la prima qualità di chi deve parlare."

Aspettare mi ha fatto scordare quello che aspettavo.

Nell'età delle commozioni il cuore non basta a reggere la spinta del sangue. Il mondo intorno è poco rispetto alla grandezza che si allarga in petto. E' l'età in cui una donna deve ridursi alla piccola taglia del mondo. Un urto dentro di lei le fa credere di non farcela, troppa violenza ci vuole per ridursi.

.. mi incuriosiva invece la resistenza del Sud, sistemata col nome di brigantaggio. I vincitori hanno bisogno di denigrare i vinti.
Il Sud era rimasto affezionato ai suoi sconfitti.

Non potevo immaginare tanta forza senza nessuno sforzo. Sono così le donne nella felicità? Possono stritolare nell'abbraccio?

"Hai paura?"
"Si."
"Di me?"
"Si e nessun coraggio sarà bello come questa paura."

"I nasi scassati si aggiustano, ma il sangue non torna indietro. Quello che esce è perso."
"Che me ne faccio del mio? Che lo conservo a fare? Se me lo chiede, è suo."

(gli americani) Sono l'ultimo popolo inventato dal mondo, l'ultimo arrivato. Sanno fare la guerra e le automobili. E' un popolo di bambini ingranditi.
Se gli chiedi dove si trovano, rispondono: lontano da casa.

(mio padre).. Più di tutto era buffo l'aggettivo: mio. Niente era mio al mondo, tanto meno un padre.

Conseguenza ridicola di avere una padre era essere figlio.

"Uno che è cresciuto da solo dentro uno stanzino e si comporta bene per istinto, ha una vita speciale."

I suoi racconti diventavano ricordi miei. riconoscevo da dove venivo, non ero figlio di un palazzo ma di una città. Non ero un orfano di genitori, ma la persona di un popolo. (...)
Mi aveva trasmesso l'appartenenza. Ero uno di Napoli, per compassione, collera e pure vergogna di chi arriva tardi a nascere.

Posai il coltello a terra, non doveva servire a nient'altro.


Titolo: il giorno prima della felicità
Autore: Erri de Luca
Editore: Feltrielli (collana I Narratori)
Periodo: gennaio 2009
Pagine: 133
Prezzo: € 13,00 (me l'ha regalato Diana x il mio compleanno)



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