Wednesday, December 31, 2008

Quello che ti Meriti


Per il mio viaggio in Perù ero partita con 4 libri da casa... Avventure mi aveva anche regalato una pubblicazione sul Perù.. e mettiamoci pure la guida della LenelyPlanet..
a parte la Lenely, non ho letto nulla di quello che mi ero portata dietro..
Alla "Posada dell'Inti" di Cuzco, ho trovato questo libro.. ho "distrattamente" cominciato a leggerlo.. e ho deciso di portarmelo in Italia..

E' una bella storia incasinata ma cmq molto scorrevole e non ci si perde tra tutti i nomi e tutti i personaggi (malgrado i nomi da mobile Ikea non aiutino..)

Allora.. c'è Vik che è psicologa e avvocato (ma non ha mai esercitato) che sta facendo una ricerca su casi giudiziari che hanno ricevuto molta attenzione da parte della stampa e altri che non ne hanno ricevuta affatto.
Un'anziana signora le racconta del caso di un tipo, accusato dello stupro e dell'uccisione di una bambina, accusa per la quale si è fatto 9 anni di prigione prima di venir liberato e di sparire in america.
Intanto Emilie, una bambina di 9 anni, viene rapita. Poco dopo è un bimbo di 5 anni a sparire. Solo che questo riappare cadavere dopo qualche giorno nella cantina dei genitori.
Un investigatore vecchio stile, Stubo, chiede a Vik di aiutarlo nelle indagini, stilando un profilo del pazzo rapitore.
Vik (madre di una bambina con un ritardo mentale) inizialmente non se la sente e vuole rimanere fuori da questa storia, continuando ad investigare su quella strana storia vecchia di decenni.. ma alla fine il suo amore di madre la fa capitolare.

E via... è tutto un gran buttar su di personaggi: Vik parte e va in america a cercare Aksel Seier, quel tale accusato (pare) ingiustamente; poi sparisce un'altra bambina il cui cadavere il pazzo cerca di far recapitare alla madre attraverso un corriere, chiudendola in un pacco; un poveraccio viene sorpreso a farsi una sega nel posto in cui era sparita Emilie, viene massacrato di botte (gli spezzano un braccio), incarcerato e scarcerato, tenta poi di rapire un bambino.. braccato, si da alla fuga in mezzo ai boschi, cercando di raggiungere la Svezia.
E ancora.. Vic continua a cercare persone che negli anni '50 avevano avuto a che fare con l'omicidio della piccola, ed arriva alla famiglia di un noto scrittore norvegese, figlio di un noto avvocato. Pare che lo scrittore possa essere stato, assieme al classico sandrone scemo, il vero assassino della bambina (ma alla fine si scopre che l'assassino invece è il fratello defilato del noto scrittore).
Stubo avanza con il vecchio sistema nelle sue indagini: fa scrivere ai genitori dei piccoli tutti i nomi delle persone che conoscono e vede se ne esce uno in comune.. ed un paio, in effetti, escono.. ed uno, guardacaso, è quello buono: Karsten Asli (di padre ignoto e un figlio sottrattogli dalla moglie che è sparita)
Ed esce anche (grazie all'intuizione del medico che aveva effettuato le autoposie sui piccoli) il sistema che il pazzo ha trovato per far morire i bambini senza lasciare tracce: un'iniezione di potassio nella tempia.

il finale, secondo me.. è davvero tirato.. e mi ha ricordato un po' la Reich e le sue coincidenze...
Stubo va a casa di Karsten e "sente" che Emilie è li, ma non puo' fare nulla..
Aksek Seier vende tutto e torno in Norvegia dalla donna che aveva sempre amato e che sta per morire.. e conosce finalmente suo figlio.. (colpo di scena) Karsten Asli.
Karsten pero' è in ospedale che sta morendo..
Il famoso segaiolo in fuga aveva rubato una mazda e stava guidando come un pazzo inseguito dagli elicotteri delle tv nazionali e dalle auto della polizia e, nella sua folle corsa, si era andato a schiantare conto un'altra auto, guidata da Karsten. Morto il primo, gravissimo il secondo, Stubo corre con Vik a casa del pazzo e riesce a trovare la piccola Emilie..


-Frasette-
"Ho solo settant'anni" sospirò, "Ma mi sento così vecchia"

"Ho il diritto di pensarla così"

"A te vanno bene i tipi come Isak. Dolci, piccolini e meno intelligenti di te."

"Se trovo il tempo... "
"Tu il tempo ce l'hai, ragazza mia. Alla tua età hai tutto il tempo del mondo."

Sua madre era gentile. Troppo gentile. Sua madre era a capo di un esercito al servizio del bene...

Sua madre era una diplomatica nata. Era quasi incapace di formulare una frase che espimesse realmente quello che voleva dire.
Tuo padre è in ansia per te
significava Sono preoccupata a morte.
Marie è splendida in questo periodo
era la maniera con cui sua madre le diceva che lei sembrava un sacco della spazzatura.


Titolo: Quello che ti meriti
Autore: Holt Anne
Editore: Einaudi (collana Einaudi. Stile libero big)
Periodo: 2008 (cmq credo che sia stato edito in norvegia nel 2001)
Pagine: 422
Prezzo: € 16.80 (trovato a Cuzco, in Perù, e portatomelo a casa gratis)

Sunday, December 7, 2008

Dei bambini Non si sa Niente


Preso sempre a CdC.
Non dovevo, visto gli acquisti sempre qui di qualche giorno prima e i 6 volumi dell'Emmaus..
ma avevo preso 5 euro di mancia il giorno prima.. mi andava di convertirli in carta.
(quante scuse....)

E' un libro "pesante".. i "giochi" dei bambini in età prepuberale..
faccio fatica a riassumerlo.. l'ho trovato bello da un lato, perchè so che sono cose che succedono, i primi amorini, gli stoccacciamenti.. ho trovato "delicati" i modi di descrivere dell'autrice.. la mia unica perplessità, in quanto libro d'esordio, è che sfrutti un argomento così spinoso e delicato per pura furbizia.

deliberatamente copiaincollo da IBS:

Questo romanzo di una esordiente racconta la storia, tutta vista dall'interno, di un eden infantile, dove anche il sesso è innocenza, che si corrompe progressivamente attraverso l'irruzione della perversione degli adulti con foto sempre più spinte. E' il bambino più grande del gruppo, il tirannico Mirko, a introdurle nei giochi che si tengono in un capannone di periferia.

recensione di Argentieri, S., L'Indice 1997, n.11
"Ambiente di periferia, sul confine fra città e campagna, in un mare di granturco, in un paese emiliano che si chiama Granarolo. Nei lunghi pomeriggi delle vacanze estive cinque ragazzini, maschi e femmine, tra i quali è dominante il quattordicenne Mirko, fanno gruppo, s'appartano e, guidati dalle riviste pornografiche che Mirko procura, s'addestrano al sesso e alla crudeltà. Per concludere, qualcuno deve morire; tocca a Greta, impalata con il manico di una racchetta da tennis. Questa è la storia che Simona Vinci racconta nel romanzo d'esordio, uscito nella collana "Stile libero" di Einaudi. Abbiamo chiesto a Simona Argentieri, psicoanalista, di commentare il libro e le reazioni che ha suscitato".È trascorso un secolo da quando Freud traumatizzò i contemporanei con le sue lucide rivelazioni sulla sessualità infantile. Ma - come testimoniano alcune reazioni all'opera prima di Simona Vinci - l'argomento suscita ancora resistenze e scandalo. Ma la polemica parte da un equivoco, perché ciò di cui il libro ci parla non è la sessualità e neppure la violenza, ma la solitudine dei bambini, che si trovano a vivere non solo (come aveva profetizzato Mitscherlich negli anni sessanta) in una società senza padri, ma in una società senza adulti.Da allora si sono ormai avvicendate due generazioni, che dalla repressione ottusa del passato sono approdate - scambiandola per libertà - alla latitanza normativa e protettiva verso i figli, segnando una mutazione psicologica profonda, forse irreversibile. Così bambini precoci, senza costrizioni e senza conflitti, divengono eterni adolescenti, inadeguati a loro volta a svolgere le funzioni genitoriali; la difesa precipua della nostra epoca è quella regressiva dell'indifferenziazione (tra i sessi, le età, i ruoli...), in un clima di povertà di affetti e passioni che non consente di sciogliere i nodi evolutivi.È questo il mondo di Martina, Greta e Matteo, dieci anni, che vanno a scuola, giocano in cortile alla guerra nucleare, tornano a casa puntuali per l'ora di cena in famiglie normali. ("Martina mangia senza fiatare. Non parlano molto neanche i suoi, sembrano stanchi").Nella loro vita i "grandi" non sono il papà e la mamma, ma altri ragazzini con quattro o cinque anni in più, che "sanno le cose" e sono i detentori dei "segreti" e delle "regole". Tra di loro, nei reciproci corpi cercano il confronto, il senso del limite, in giochi proibiti senza consapevolezza, ma anche senza innocenza. I gesti della sessualità hanno ben poco a che fare con l'eros; sono piuttosto l'espressione del bisogno primitivo del contatto tra "gattini fratelli". Anche nel momento incontrollato ed estremo del delitto, sembrano mettere in scena una sorta di "rito di passaggio" autarchico e fallimentare, segnato dall'impossibilità di evolvere dal livello sensoriale al livello simbolico per costituire di senso le esperienze, compresa quella della violenza e della morte.La giovane autrice è maestra nel coniugare la tenerezza con l'orrore; tuttavia la parte finale del libro, dove si consuma una tragedia assurda e continuamente annunciata, è quella che mi ha meno interessata. Ho trovato invece notevole la capacità di Simona Vinci di raccontare la quotidianità, la banalità dei giorni, con uno stile scarnificato e acutissimo (il "primo piano" delle unghiette di Greta, "colorate di rosso scuro, scheggiato", mi sembra molto più efficace delle scene "pulp").I suoi personaggi sono rappresentanti fedeli delle giovani generazioni, il cui mondo interno si articola secondo un registro più di sensazioni che di emozioni. Così la sua scrittura trascorre continuamente dalla descrizione degli stati d'animo a quella del paesaggio, in una equivalenza di impressioni e di immagini ("La notte era piena di buchi...").Le cose inanimate - stoviglie, scarpe, giocattoli - vengono in soccorso per illustrare la condizione interiore che non si sa né riconoscere, né dire. Ci sono pochissime lacrime in questo libro, poco sangue, e invece tanti odori - di piedi, di erba, di cibo - e sudore che gronda quasi da ogni pagina, a esprimere l'eccitazione come la paura, l'ansia come la disperazione. Certo la fatica di Simona Vinci - fin dal titolo - non ha niente di ingenuo, né di semplice. È anzi intenzionale e consapevole sia nello sviluppo narrativo che nello stile. Forse è questo che le ha inimicato la simpatia di molti lettori, non necessariamente ipocriti o bigotti. Indubbiamente è sgradevole, ma mai volgare; costruito, ma sincero. Una delle bambine, dopo "la prima volta", torna a casa "con la sensazione (...) di aver perso qualcosa, di aver dimenticato qualcosa e di non poterci fare assolutamente niente. Tutta quella campagna intorno e quella cosa dimenticata, o persa". Anche noi - Simona Vinci ce lo ricorda - abbiamo perduto qualcosa: l'infanzia come luogo idealizzato di proiezione delle nostre parti incontaminate, serene e innocenti; e anche la speranza di poter elaborare secondo l'antica catarsi le infinite tragedie del nostro mondo moderno, perché troppe volte manca - a grandi e piccoli - il presupposto essenziale dell'assunzione della colpa.






Titolo: Dei bambini non si sa niente
Autore: Simona Vinci

Editore: Einaudi (Collana Einaudi Stile Libero)
Periodo: 1997
Pagine: 176
Prezzo: Lire 14.000 - € 7.23 (Pagato € 3,00 a CdC)

Tuesday, December 2, 2008

L'Oscura Immensità della Morte


A sto giro, all'Emmaus, avevano dei prezzi eccezionali.. i vestiti (finalmente) di nuovo a 1 e due euro.. e i libri pure!!
ho comperato 3 carlotto, un aldo nove, l'eleganza del riccio e il vecchio "amabarabà" di culicchia da regalare al barese. con i loro prezzi erano a 15 euro.. me ne ha fatti pagare 8.. così si fa!!
Questo libro è bellissimo.. l'ho fulminato in una notte e un pomeriggio.
BELLOBELLOBELLOBELLOBELLOBELLO
mi ha stupito in un sacco di momenti.. i personaggi facevano sempre cose che non mi sarei aspettata, senza cadere nel banale o nello spettacolare e rimanendo sempre "esseri umani" in tutta la loro (tanta e troppa) miseria.
davvero un bellissimo libro.

6-7 pagine di prologo ci raccontando di una rapina finita male. I rapitori, strafatti di coca, scappano da una gioielleria col bottino sottobraccio e s'infilano in un'utilitaria guidata da una donna, con il figlio di 8 anni sul sedile posteriore.
Accerchiati dagli sbirri, uno dei due sbrocca e spara al piccolo, uccidendolo. La madre, stravolta dal dolore, si mette ad urlare che vuole morire anche lei.. un colpo di pistola in pancia la zittisce.
I due rapinatori in fuga a piedi. Uno ce la fa, l'altro finisce in un vicolo cieco. Deve decidere se arrendersi o morire. Decide x la resa.
Non rivelerà il nome del complice ma lo accuserà di essere stato lui a sparare. Per questo si beccherà l'ergastolo.


Da questo punto in poi sono passati 15 anni e il racconto è narrato sempre in prima persona, alternata dai due protagonisti di questa storia: Silvano Contin, marito e padre delle due vittime, e Raffaello Beggiato, l'ergastolano.

Silvano dalla tragedia non si è mai ripreso: ha smesso di fare il rappresentante di vini e ha rilevato il "Tacco Svelto", una piccola attività dove risuola scarpe e riproduce chiavi, lontano da tutto, dai pensieri dei suoi cari e dalla vita.

Un giorno riceve una lettera di Raffaello. Questo è malato e chiede a Silvano di perdonarlo e di permettergli di uscire di prigione per morire da uomo libero.
Andranno anche un prete e una volontaria a chiedergli la stessa cosa, ma Silvano non è del parere.
Va in carcere per parlare con Raffaello e cercare quel pentimento che non trova.
Intanto, Raffaello spera di poter uscire. Non ha mai fatto il nome del complice, e le regole della malavita sono chiare. Fuori lo aspetta la sua metà del bottino, che erano un sacco di soldi. Con quelli e con un passaporto falso, appena fuori scapperà in Brasile. Ma questo solo se Silvano lo perdonerà, altrimenti per lui sarà l'ospedale del carcere, a far chemio e a prendere insulti dalle infermiere.
Fermo sulla sua decisione, Silvano ha pero' un lampo nella mente: il suo perdono contro il nome del complice.
Raffaello non molla.. ma a mollare per lui è la madre. Scoperto il complice e rovinato il piano di fuga del figlio, questi starebbe a casa con lei, che lo aspetta da 15 anni.
La donna fa il nome e Silvano scrive la lettera del suo "perdono" ai giornali locali.
Siviero Oreste è il nome del complice. E' facile per Silvano trovare la sua abitazione e la sua attività, una lavanderia, dove lavora con la moglie Daniela.
Due persone comuni, con una vita comune. Ma casa, macchina e arredi molto costosi per due persona che lavorano in una lavanderia.
Silvano comincia ad imbastire una relazione con la volontaria del carcere, Ivana Stella, e intanto segue Oreste in ogni suo spostamento fino ad arrivare a farsi riconoscere.
Una sera va in casa dei coniugi Siviero: da ordine a Daniela di andarsi a vestire "come si deve", Oreste prova ad offrirgli dei soldi, ma non sono quelli che Silvano vuole. Visto che gli è stata portata via la moglie, vuole la moglie di Oreste.
Questi risponde che preferisce andare in galera, ma è lei ad accettare. Daniela era all'oscuro del passato del marito, ma lo difende animosamente.
Silvano vuole anche sapere quando uscirà Rafaello, e quando questi si metterà in contatto con la coppia.
Quando lui lo vorrà, Oreste andrà al lavoro e Daniela lo aspetterà a casa; e questo fa subito il giorno seguente, presentandosi a casa dei due, va a letto con Daniela, la sodomizza in maniera cattiva, ma lei non sembra sconvolta più di tanto;
"Tuo marito ti fa fare la puttana pur di risparmiarsi il carcere"
"Facevo pompini nel retro del negozio per arrotondare, e comunque non lo faccio solo per lui. A 43 anni non sarei in grado di sopportare le conseguenze del suo arresto. Perderi tutto, casa, negozio, rispettabilità. Venire a letto con lei è veramente il male minore."
Silvano continua a flirtare con Ivana Stella, seducendola con la sua "sensibilità da caso umano".
Poi arriva la chiamata. Raffaello quella sera andrà dai Sivieri. Silvano va per primo a casa dei due, manda Daniela a farsi un bagno e ricopre una stanza di teli di plastica per tinteggiare; appena lei ritorna dal bagno, la colpisce alle gambe con un piccone e continua a colpirgliele finchè lei non sviene. Quando si riprende, le chiede "hai già visto il buio?".. questa chiama la madre.. e lui la colpisce nuovamente per stordirla senza ucciderla. Quando arriva Oreste con i soldi e il passaporto falso, Silvano lo colpisce alla testa e questi sviene. Silvano gli spacca la spina dorsale a colpi di piccone, lo carica in spalla e lo porta nella stanza con la moglie. Con un po' d'acqua sveglia prima lui poi lei.. "Non l'ho ancora ammazzata, volevo che tu la vedessi morire".
E poi uccide entrabi. Carica i corpi sul suv di lui, ripulisce la casa, porta i cadaveri in discarica dove li seppellisce sotto pochi metri di patume, poi abbandona l'auto da qualche parte e se ne va con i soldi e il passaporto falso. Dopo tutto questo, va a casa di Ivana Stella e fa l'amore con lei.
Intanto Raffaello è fuori, non trova Oreste, non ha soldi e non sa cosa fare.
Torna dalla prostituta che era la "sua donna" prima che venisse arrestato e da lei ha un po' di conforto umano, che non è solo sesso ma affetto sincero.
Silvano segue la cronaca locale sui giornali. Dopo 4 giorni appare la notizia della scomparsa dei due, qualche giorno dopo viene ritrovato il suv, poi la porta di casa viene forzata... ma la polizia "brancola nel buio"..
Silvano è tranquillo fin quando gli arriva l'Ispettore Valiani a fargli delle domande.
Gli mostra molte foto che lo ritraggono davanti alla lavanderei di Oreste. La polizia stava tenendo sotto controllo il negozio degli africani li a fianco, e lui c'è finito in mezzo. Controllando le sue transazioni bancarie, si scopre che il giorno prima della scomparsa dei due, Silvano aveva comperato teli di plastica, piccone e badile.
Valiani lo pressa, Silvano ha un alibi, era con Ivana Stella.
L'ispettore va ad interrogarla e lei se ne risente: come ha potuto, Silvano, metterla in mezzo e raccontare ad altri i propri interessi? Silvano la schernisce, le da della frigida e altre simpatiche cose.. Con una grande dignità, anche Ivana Stella come Daniela, gli tiene testa e lo fa sentire una merda.
Il cerchio si stringe sempre di più attorno a Silvano. Sul soffitto di una stanza dei coniugi viene trovato del sangue misto a materia cerebrale.
Ma una sera, mentre rientra in casa, trova Raffaello seduto sul divano. Gli è entrato in casa scassinandogli la porta. Un dialogo assurdo tra i due, dove Raffaello domanda e Silvano risponde:
"Capisco uccidere Oreste, ma la moglie che c'entrava?"
"Era complice. Erano bestie, come te"
"Ti rendi conto che sei un assassino?"
"Tu sei un assassino, io sono stato il boia"
"Vuoi uccidere anche me?"
"No, ci penserà il cancro"
"Come li hai uccisi?"
"A bastonate?"
"E che ne hai fatto dei corpi"
"Li ho sepolti nella discarica, vicino alla tangenziale".
Ancora brevi pagine con i sentimenti dei due... Silvano che pulisce la tomba della moglie e del figlio, Raffaello che senza soldi e con questa rivelazione, vuole solo mettere "fine" a questa storia.
Lo farà autoaccusandosi dell'omicidio dei coniugi, salvando Silvano dal carcere, tornandoci lui per morire qualche mese dopo.
Giorgia Valente, la "donna" di Raffaello che era stata anche la "donna" di Silvano lo va a trovare al "tacco svelto" per urlargli di non sprecare la seconda possibilità che Raffaello, col suo gesto, gli aveva offerto... e Silvano lo fa, mettendo la sua foto sul passaporto falso, andando a vivere in martinica dove non è più "l'uomo a cui hanno ammazzato la moglie e il figlio".

-Frasettine-
Toccava solo a lui decidere se ptradire o pagare per tutti e due.

Tutti , indistintamente, desideravano che mi ricostruissi una vita. Non ci ho nemmeno provato. (...) Ero Silvano Contin, marito e padre di due vittime del crimine. La città non avrebbe mai perdonato il mio ritorno alla vita.

"Datti da fare, prete. Fai qualcosa di utile anche per le vittime invece di aiutare gli assassini."

"Vuoi che ti aiuti ad uscire di galera dopo che mi hai ammazzato moglie e figlio e non posso chiedere nulla in cambio?"

"Non era giusto che Oreste Siviero vivesse la mia realtà, quella che mi spettava di diritto. La sua se l'era costruita distruggendo la mia. (...) era l'unico che ci aveva guadagnato qualcosa. Io, Raffaello e sua madre eravamo i fottuti. Io più di tutti."

"... chiedo solo di essere lasciato al mio dolore, che non intendo più condividere con nessuno e tantomeno trasformarlo in notizia o spettacolo. Noi parenti delle vittime innocenti meritiamo solo un silenzioso rispetto."

E io avevo la possibilità, prima di mandarlo in galera per tutta la vita, di fargli capire cosa fossero il dolore, l'angoscia, lo smarrimento. Il resto l'avrebbe capito poi.

"Posso darle 250.000 euro. La metà della parte di Beggiato."
"Vuoi pagare il mio silenzio con una parte dei soldi del tuo socio. E tu non ci rimetti il becco di un quattrino."

I rapporti tra moglie e marito non sarebbero più stati gli stessi. Diviero li aveva costruiti sulla menzogna, e ora lei non solo doveva fare i conti con la realtà di vivere con un pluriomicida ma era costretta a pagare una parte del conto per salvarlo. (...) L'uomo che aveva sposato aveva ucciso un bambino e la sua mamma e lei era pronta ad aprire le gambe a un perfetto sconosciuto pur di evitargli il carcere. Allora peggio per lei.

Ero deluso. La donna di Siviero si piegava al ricatto ma lottava per conservare la sua identità. L'avevo inculata con cattiveria, ma per lei non era stato altro che un prezzo da pagare per limitare i danni. Nulla a che vedere con la devastazione della mia vita, il dolore e l'angoscia che avevo conosciuto in quei 15 anni.
Per lei e quell'assassino di suo marito non rappresentavo altro che un problema da risolvere. Poi la vita sarebbe continuata, anche se diversa da prima. La differenza tra me e loro stava proprio li. La mia esistenza era chiusa per sempre dall'oscura immensità della morte.

La galera non sono gli anni. E' tutto quello che ti costringono a patire e non sta scritto in sentenza.

Il marito l'aveva lasciata per una donna più giovane. Ma non più bella, tenne a sottolineare.

"Raccontami qualcosa di te" (...)
A quella cretina piacevano i casi umani e io ero un esemplare di razza. Mi basto dire quattro banalità per conquistarla.

Ma io non perdonavo nessuno. (...) Ivana Stella, anche lei, certo. Nessun "volontario" si era fatto vivo per aiutarmi quando annaspavo avvolto nell'oscurità. Tanto meno la signora Tessitore che andava a soccorrere i poveri carcerati. E adesso mi trovava speciale.

Gli ho ammazzato moglie e figlio. Non posso toccarlo. Si sta solo vendicando. Lo farei anche io. Ma da uomo, però. Pistola o coltello. Lui è troppo crudele. E vigliacco. Prendersela con me è troppo facile.

Sessualmente quella donna era un disastro. Sapeva solo tenere le gambe aperte e ansimare con una certa partecipazione. Con crudeltà la costrinsi ad affrontare l'argomento. (..)
"Forse è proprio per questo che ti ha lasciato. Un po' di fantasia a letto non guasta mai."

"E' certo di stare bene?"
"Mi sta chiedendo se soffro di turbe psichiche? Mi fa piacere che qualcuno si pongo il problema, dopo 15 anni".

Ero deluso. Non ero riuscito a punire Ivana Stella ma solo a farla soffrire. Mi aveva tenuto testa e io invece mi ero reso ridicolo con quelle volgarità sul sesso.

Pag. 154
Raffaele va da Giorgia.

La verità era che Contin mi faceva pena. Ne avevo visti tanti di ergastolani impazzire di disperazione e lui era come loro. Condannato all'ergastolo del dolore. (...) Pagare al posto suo è il mio modo di risarcirlo per il male che gli ho fatto.

Non volevo essergli riconoscente ma non potevo negare a me stesso di essere quantomeno sollevato.

Oggi sono consapevole di aver ucciso due persone. Potevo evitare di farlo. Ma era mio pieno diritto scegliere se perdonare o meno. E non avevo perdonato nessuno. Nemmeno Beggiato. Lui pensava di avermi offerto una nuova possibilità di vita evitandomi il carcere. Magari pensava anche di aver compiuto un gesto nobile e di aver pareggiato i conti. Invece mi aveva risarcito, e solo in parte, di quello che mi aveva tolto.


Titolo: L' oscura immensità della morte
Autore: Massimo Carlotto
Editore: E/O (collana Tascabili e/o)
Periodo: 2005
Pagine: 183
Prezzo: € 8,00 - Sconto Iperspar -15% = € 6,80
Prezzo Emmaus € 2,00 però ho comperato 6 libri e mi ha fatto pagare € 8,00.. quindi l'ho pagato
€ 1,33periodico!!!!